Guillermo del Toro ha fatto centro, il suo “The shape of water” ha conquistato la giuria dell’Academy e il grande pubblico facendo incetta di premi. Un vincere facile il suo, dato dalla perfetta combinazione tra i temi amore/diversità, la magistrale interpretazione di Sally Hawkins e una regia sicuramente impeccabile. Anche se devo ancora digerire la delusione per il mancato riconoscimento al capolavoro di Paul Thomas Anderson, “The Phantom Thread” – la statuetta per la miglior regia o per il miglior film gliela dovevano – il successo è sicuramente meritato e io, da inguaribile romantica quale sono, non ho potuto non lasciarmi trasportare da questa moderna e commovente fiaba dark, che nonostante il lieto fine piuttosto scontato e alcuni evidenti stereotipi, fa sognare.
Da #foodlover quale sono c’è ovviamente un aspetto del film che mi ha coinvolto più di altri… Ovviamente sto parlando del cibo (e che ve lo dico a fa’) e più precisamente delle uova sode che, nell’evolversi del rapporto tra Elisa, la dolce e muta inserviente, e il misterioso uomo-pesce, diventano importante strumento di comunicazione e veicolo di complicità ed emozioni. L’uovo sodo che Elisa porge timidamente alla creatura al primo incontro rappresenta un gesto d’amore che finisce per trasformarsi in un rituale quotidiano. Tutti i giorni lei sceglie di condividere il pranzo con lui: gli porge un uovo, gli parla, attacca il giradischi e gli fa ascoltare la musica. E piano piano l’apparente inconciliabilità e diversità tra i due finisce per annullarsi di fronte allo sbocciare di un sentimento che porterà la protagonista a battersi per salvare il suo amato anfibio dal cuore tenero, liberandolo dalle grinfie di chi vorrebbe eliminarlo e offrendogli finalmente un piatto di uova sode a cena, non in catene al laboratorio, ma a casa sua.
Le uova sono una presenza che dall’inizio alla fine accompagna il racconto facendosi portatrici di un unico grande messaggio: “Ti voglio bene”, “mi prendo cura di te”. E mi sono rivista un po’ in Elisa: certo, non sono muta e non ho quotidianamente a che fare con mostri per ora, ma anche per me come per lei donare cibo è una grande dimostrazione d’amore che spesso parla più delle parole.
Ora, se volessi conquistare il cuore di qualcuno, come presenterei io le uova sode? Senza dubbio accompagnandole alla salsina di prezzemolo e verdure sott’aceto, un’abitudine della mamma per i pranzi della domenica, perfetta così, sulle uova, come antipasto, oppure assieme al bollito o agli arrosti al forno.
INGREDIENTI
- 1 mazzetto di prezzemolo fresco
- 6 uova sode
- 2 filetti d’alici
- 2 cucchiai di capperi
- 1 cucchiaio di cetriolini sott’aceto
- 1 cucchiaio di cipolline sott’aceto
- 2 cucchiai di filetti di peperoni sott’aceto
- 1/2 bicchiere di olio evo
- sale e pepe q.b.
Prendete 3 uova e separate gli albumi dai tuorli. In una ciotola schiacciate i tuorli con una forchetta. Passate gli albumi al mixer poi riponeteli nella ciotola assieme ai tuorli. Mettete da parte. Pulite il prezzemolo eliminando i gambi, lavatelo e asciugatelo. Mettetelo nel mixer assieme a tutti gli altri ingredienti e all’olio e frullate fino a ottenere una salsa cremosa. Incorporate i tuorli e gli albumi precedentemente predisposti, aggiustate di pepe e sale et voilà, la vostra salsa è pronta per guarnire le altre 3 uova sode. Se ne avanza si conserva fino a 7/8 giorni in frigorifero, in un barattolo di vetro, ricoperta da olio d’oliva e sigillata bene.